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Intervista a Giusi Terribile

 

 

I volti femminili del Primitivo di Manduria

di Annalucia Galeone - www.mangiaebevi.it

 

Il primitivo di Manduria è il fuoriclasse della viticoltura pugliese. Si producono all’incirca 20 milioni di bottiglie. Nel mondo enoico la quota rosa è in costante crescita. Le donne sono sempre più preparate, appassionate, competitive e attentissime alle evoluzioni del settore, nulla è lasciato al caso. Esiste una maggiore consapevolezza delle potenzialità del territorio prima bistrattato oggi rivalutato, qualità produttiva ed enoturismo sono le parole d’ordine. Scopriamo alcune delle produttrici del primitivo di Manduria.

Giusi Terribile

Giusi è una donna dal carattere forte e pragmatico. Nel 2014 nonostante avesse 44 anni e due bimbi piccoli da crescere, caparbiamente ha inseguito la propria vocazione preferendola a strade molto più facili. Fa il vino che le piace e quando non lo ritiene all’altezza non vinifica come è successo nel 2018. Ettari di vigneto 2,5, bottiglie prodotte 6000. Consigliato Terribile primitivo Salento Igp.

Cantina Terribile, vigneti

cda Pozzo Cupo / cda Giacobbe

Uggiano Montefusco Manduria Ta

www.cantinaterribile.it

giusi.terribile70@gmail.com

tel. +39 335 61 92061

 

Vino, donne, storie: Giusi Terribile

di Serenella Penza

“La Terra”. Oltre che il titolo di un fortunato film del nostro conterraneo Sergio Rubini, potrebbe essere il titolo di un libro, se mai dovesse scriverlo, di Giusi Terribile. Un romanzo di vita vissuta, con la terra, ovviamente, filo conduttore. “Io ho avuto una grande fortuna nella vita, quella di provenire da una famiglia facoltosa – racconta Giusi, volto svevo sotto una cascata di capelli biondi. Ma la fortuna da sola non basta, bisogna anche saper sfruttare al meglio le opportunità che la vita ci regala. E in questo mio padre è stato il mio grande maestro. Era un agricoltore, e suo padre prima di lui, nell’800 era latifondista nella zona tra Poggiorsini e Gravina”.

Punto di partenza, allora, la tradizione di famiglia?

Frequentavo ancora il liceo a Bari, quando mio padre cominciò a farmi lavorare durante i fine settimana nell’azienda di famiglia a Poggiorsini. Mio fratello e mio padre si dedicavano alla coltivazione dei campi di grano, il resto della famiglia si occupava dell’agriturismo, uno dei primi in Italia, all’inizio degli anni ’80. Io facevo un po’ di tutto, ma principalmente mi occupavo di rassettare le camere e preparare la sala da pranzo. Quando poi ho finito la scuola ci siamo trasferiti stabilmente li ed io mi sono dedicata completamente all’attività di famiglia per oltre dieci anni.

Una vita un po’ dura per una ragazzina di città…

Mio padre ci ha insegnato che il lavoro è sudore e che il benessere va conquistato con il sacrificio. Era un genitore rigido e severo, un agricoltore vecchio stampo. E di certo non ci ha fatto sconti. Facevo una vita molto ritirata per una ragazza di vent’anni: niente uscite con gli amici e niente svaghi, lontana dalla città, solo duro lavoro in campagna e con gli ospiti dell’agriturismo, dall’alba al tramonto.

Poi cos’è accaduto?

Iniziavo a sentire che quella vita mi stava stretta, che avevo bisogno di esprimermi, di mostrare a me stessa quanto valevo fuori di lì. Così, a 30 anni me ne sono andata. Ho lasciato tutto, casa, lavoro e famiglia, e sono tornata a Bari, mi sono messa in gioco e ho ricominciato tutto da zero.

Il primo passo?

Ho cercato subito un lavoro. Ho così risposto all’annuncio di un’agenzia immobiliare che cercava agenti. Al colloquio spiegarono che i primi tempi il lavoro consisteva semplicemente nel distribuire i volantini dell’agenzia porta a porta. Ma la cosa non mi demoralizzò minimamente. Ero decisa a farcela, ero pronta a fare la gavetta. Di lì a poco ho iniziato a guadagnare i primi soldi e in poco tempo ho fatto carriera all’interno dell’agenzia come agente immobiliare. Ma sentivo di non essere sufficientemente appagata. Avvertivo il bisogno di andare oltre e di fare un altro salto.

Che accadde?

Era il 2005 e una collega leccese mi propose di partire con lei e altri amici per un viaggio in barca a vela in Grecia, un evento che faccio coincidere con l’inizio di una nuova vita per me. Sono tornata da quel viaggio e come in un dejavù , ho nuovamente lasciato casa e lavoro per trasferirmi a Lecce, dove ho aperto una mia agenzia immobiliare. L’attività mi ha procurato presto soddisfazioni. Ed è così che ho conosciuto il mio attuale marito, Marco. La mia vita era cambiata nel giro di pochi giorni, ma la cosa più importante era che io mi sentivo cambiata a mia volta.

Altre novità in arrivo, allora.

Dopo tre anni io e Marco ci siamo sposati ed abbiamo avuto il primo figlio. Nel frattempo continuavo a lavorare ma era molto difficile conciliare gli impegni e gli orari della libera professione con le responsabilità familiari. Dopo un anno e mezzo è arrivato anche il secondo figlio e allora ho preso la decisione di lasciare il lavoro. Quel lavoro.

Che cosa hai deciso di fare?

Tutto è ripartito quando, non molto tempo dopo, mio padre è venuto a mancare, lasciandomi in eredità una modesta somma di denaro che avevo voglia di investire. Nel frattempo avevo iniziato da un paio di mesi a frequentare il corso di sommelier all’AIS Lecce. Il mondo del vino mi affascinava in maniera sempre più prepotente con l’andare avanti del tempo, tant’è che presi a frequentare la cantina Astore di Cutrofiano, per prendere maggiore confidenza con la produzione vitivinicola. Mi prendeva sempre più piede l’idea di investire i soldi del l’eredità per acquistare del terreno da coltivare a vite. Stavo realizzando che tra me e il vino era passione. Era nel mio DNA, forse perché mio nonno faceva vino.

Il corso da sommelier quanto ha influito?

Sicuramente il corso mi ha dato la preparazione e la capacità di distinguere un vino buono da uno cattivo e a valutare obiettivamente il mio. Non avrei mai deciso di intraprendere questa strada se non avessi fatto il corso, senza avere la minima competenza. Ed è proprio ai miei insegnanti che mi sono rivolta quando si è trattato di mettere su un progetto. Su suggerimento del delegato AIS Lecce, Amedeo Pasquino, chiesi qualche consiglio a Fabrizio Miccoli su eventuali terreni da acquistare. E in un primo momento Fabrizio cercò di dissuadermi dal comprare le vigne, ritenendo più opportuno investire quei soldi nell’acquisto di una cantina e dei macchinari. Le uve le avrei potute acquistare da altri.

Differenze di vedute risoltesi in quale modo?

Io volevo la terra…non i macchinari. Il vino è terra, non avevo nessuna intenzione di utilizzare l’uva di altri per il mio vino. Iniziai a cercare il terreno. Era il 2014 e Fabrizio Miccoli mi mise in contatto con il mio attuale enologo, Giovanni di Mastrogiovanni. Un giorno, Giovanni mi chiese di raggiungerlo a Manduria e mi mostrò una meravigliosa vigna di Primitivo, un solo ettaro con una minuscola casetta circondata da un piccolo frutteto. Mi innamorai immediatamente di quel posto, un colpo di fulmine. Lo comprai subito.

La prima vendemmia?

Ricordo che sempre Giovanni mi telefonò avvertendomi che bisognava raccogliere l’uva al più presto: stava arrivando una perturbazione. Dopo aver raccolto tutto, andammo in cantina e un fulmine cadde proprio a tre metri da me e dal furgone pieno d’uva! Naturalmente mi sembrò un presagio, ma di quelli buoni, considerato che, a dispetto di chi l’ha definita “la peggiore annata degli ultimi 60 anni“, è stata per me ottima, perfino meglio della 2015! Non tutti possono comprendere che grande emozione è stata per me la prima volta che da sola, seduta tra i miei filari ho assaggiato un campione del mio mosto. Non lo dimenticherò mai. Come quando, da ragazzina stavo a Poggiorsini, e mi sedevo vicino la diga sul Basentello a riflettere sul mio futuro.

Finora abbiamo parlato di passato. Presente e futuro, invece?

Come credo molto in me stessa, credo molto nel mio vino. Voglio vincere un premio al Vinitaly. Io ci credo, faccio solo cose in cui credo, mi preparo, studio e le faccio al meglio. Ho anche intenzione di comprare una masseria , dove farò la mia cantina.

Pensi che i tuoi figli, da grandi, seguiranno le tue orme?

Sarebbe bello. Uno lo immagino enologo, l’altro impegnato nella contabilità, magari. Questo progetto ha rappresentato un grande investimento di energie per me ed un grande impegno per riuscire ad essere imprenditrice, moglie e madre. Quindi mi auguro davvero loro possano in futuro apprezzare e condividere il lavoro che sto facendo oggi anche per loro.

La soddisfazione più grande, da vignaiola?

Quando mi arrivano foto di amici che a tavola bevono un mio vino. (sul viso svevo scorre una lacrima, ndr). Ed è stata una grandissima soddisfazione quando Aldo Specchia, direttore dei corsi AIS Lecce, assaggiando il mio mosto ha apprezzato il prodotto.

Il tuo vino preferito?

Maldafrica di cantine Cos, lo zio di Marianna Occhipinti, una donna che mi ha ispirata moltissimo.

Pubblicato il 26 Settembre 2016 su http://www.agapuglia.it/vino-donne-storie-giusi-terribile/